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Deesis Treccani

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La deesis o deisis (dal greco δέησις, "supplica", "intercessione") è un tema iconografico cristiano di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso. La rappresentazione della deesis è spesso presente nel registro centrale delle iconostasi e può essere integrata dalle rappresentazioni degli arcangeli e di altri santi di importanza locale. La composizione di Deesis si trova comunemente anche in Occidente, in particolare quelle parti d'Italia sotto l'influenza bizantina, ma anche nel resto d'Europa, un esempio ne è il Polittico dell'Agnello Mistico di Gand. Fa spesso parte di una scena del Giudizio Universale. L'uso dell'immagine in Europa occidentale è diminuito lentamente nel Medioevo e non è mai comune come le forme occidentali di Cristo in Maestà. Composizione [ modifica | modifica wikitesto] Nella rappresentazione archetipica, in genere, si vede Cristo benedicente tra la Madonna e san Giovanni Battista (in alcune rappresentazioni sostituito da San Nicola o altri santi) in atto di preghiera e supplica per i peccatori.

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La fila di Andrej Rublev per la Cattedrale della Dormizione a Vladimir era di 3. 14 metri. Nella tradizione greca gli apostoli hanno più probabilità di occupare i pannelli supplementari. L opera rappresentante una Deesis tra i santi Paolo e Caterina di Giulio Romano è un dipinto ad olio su tavola 122 x 98 cm eseguito nel 1520 e conservato contiene immagini o altri file sulla Cattedrale dell Annunciazione EN The Deesis Range of the Annunciation Cathedral, su icon - EN The Church Feasts affrescata con una Deesis del Cristo 3 con ai lati, inginocchiati la Vergine e San Giovanni Battista. A sinistra della Deesis una Madonna del Melograno oggi sono conservati in buono stato. I soggetti rappresentati sono: la Deesis intercessione dei santi nel giorno del giudizio universale santo Stefano personificazione della Chiesa e da San Giovanni Battista la cosiddetta Deesis Nel registro inferiore è raffigurata la consueta teoria degli Apostoli Comune di Parma.

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GIOVANNI Battista, Santo G., detto il precursore di Cristo (Mt. 3, 3; Mc. 1, 2-4; Lc. 1, 76) e considerato l'ultimo dei profeti e il primo dei martiri della fede cristiana, nei vangeli è colui che annuncia la venuta del Messia (Mt. 3, 11; Mc. 1, 7; Lc. 3, 16) e, riconosciutolo in Gesù Cristo, gli rende testimonianza (Mt. 3, 13-17; Mc. 1, 10-11). Considerata la centralità della sua figura, a cavallo delle età sub lege e sub gratia, egli appare sia nei cicli iconografici relativi al Vecchio Testamento, tra i patriarchi e i profeti, sia in quelli relativi al Nuovo. Sono stati individuati (Réau, 1956) almeno quattro cicli dedicati specificamente alle storie di G., cicli che si ispirano tanto alle fonti canoniche quanto a quelle apocrife: l'Infanzia e la Vita nel deserto; la Predicazione e il Battesimo delle folle e di Cristo; la Passione e la Morte e, piuttosto raro in Occidente, la Leggenda delle reliquie. I primi due cicli spesso si intrecciano con quelli relativi alla vita di Cristo. In epoca paleocristiana G. venne rappresentato, spesso in abito pastorale o sacerdotale, nell'atto di battezzare Cristo: così compare in vari sarcofagi, per es.

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Quest'ultimo attributo scomparve dall'iconografia bizantina a partire dalla fine del sec. 7°, in seguito alla decisione del secondo concilio Trullano del 692 di vietare la rappresentazione di Cristo come agnello, per sottolinearne più decisamente la natura umana oltre che divina. Quasi un'enunciazione visiva di tale canone conciliare è stata considerata l'icona con la raffigurazione di G. databile, anche per ragioni stilistiche, alla seconda metà del sec. 7° oggi a Kiev (Kievskij muz. zapadnogo i vostočnogo iskusstva; Corrigan, 1988). Tra le numerosissime rappresentazioni di questo tipo vanno ricordate quella a mosaico del catino absidale della cattedrale di Parenzo, della metà del sec. 6°, dove G. è rivestito di una pelle di tigre in luogo della più consueta pelle ovina o di cammello; l'ampolla palestinese frammentaria del sec. 6° con Cristo in gloria, la Vergine Maria, Zaccaria e G. (Bobbio, Mus. dell'Abbazia di S. Colombano); il mosaico nella cappella di S. Venanzio nel battistero Lateranense di Roma, del 640 ca., con G. in atteggiamento benedicente e con una lunga croce in una singolare miniatura, di datazione controversa (sec.

7°, Masseron, 1957; sec. 9°, Lazarev, 1967), contenuta nella Topographia christiana di Cosma Indicopleuste (Roma, BAV, Vat. gr. 699), rappresenta senz'altro un unicum: G. è raffigurato al centro di una composizione nella quale vi sono a destra Cristo e la Vergine e a sinistra i genitori Zaccaria ed Elisabetta, a testimonianza della centralità della sua figura all'interno della vicenda cristiana. Stesso tipo di testimonianza è offerta dai pannelli eburnei della cattedra di Massimiano, del sec. 6° (Ravenna, Mus. Arcivescovile), in cui G., vestito di una lunga tunica coperta da un vero e proprio mantello di pelle di montone annodato sotto il collo, è affiancato dai quattro evangelisti, a significare il ruolo primario da lui svolto nell'annunciare la venuta dell'agnello di Dio (Gv. 1, 29), che, racchiuso entro un clipeo, egli sostiene con una mano. L'iconografia di G. come precursore attraversa tutto il Medioevo occidentale; la si ritrova per es. nella figura scolpita nel portale nord della cattedrale di Chartres (sec.

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Fri, 26 Feb 2021 18:43:34 +0000